Le opere idrauliche possono essere definite quali manufatti che interagiscono con il deflusso delle acque, sia in ambiente naturale che urbano. Sono realizzate al fine del controllo dei corsi d'acqua ma anche per assicurare la gestione delle risorse idriche e delle acque reflue. Si tratta di opere dalla struttura talvolta complessa e che necessitano quindi di essere progettate non solo dal punto di vista idraulico, ovvero quanto concerna la loro interazione con la corrente idrica, ma spesso anche dal punto di vista strutturale. Un tipico e ben noto esempio di opera complessa sono le dighe. La Figura 1 riporta una vista della diga Kurobe in Giappone.
Figura 1. La diga Kurobe in Giappone (da Wikimedia Commons, By Qurren - Photographed by Qurren with Canon IXY Digital 70 compact digital camera., CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2317144)
L'idrologia tecnica fornisce supporto alla progettazione delle opere idrauliche attraverso la stima delle variabili di progetto di natura idrologica. Nel caso delle opere di regimazione fluviale, dette variabili di progetto sono spesso portate fluviali, estreme o di normale esercizio, oppure livelli del pelo libero. Queste variabili sono spesso determinate da processi idrologici ed idraulici che sono solo in parte noti. Per questo motivo, le variabili spesso non sono determinate utilizzando modelli fisicamente basati, ma bensi adottando modelli statistici ed in particolare utilizzando la teoria della probabilità, che si basa sull'analisi della frequenza di eventi passati. Le variabili di progetto sono quindi determinate analizzando dati. Da questa considerazione discende l'estrema importanza delle osservazioni nell'ambito delle Costruzioni Idrauliche.
L'idrologia è intrinsecamente affetta da incertezza, in ragione della nostra ancora limitata conoscenza dei processi idrologici ed in ragione dell'impossibilità, in molti casi, di descrivere accuratamente la geometria del volume di controllo. Anche le osservazioni idrologiche sono affette da incertezza, per le ragioni che discuteremo in seguito nel dettaglio. Incertezze dell'ordine del 20% sono la norma in idrologia e spesso l'approssimazione è ben superiore. Per progettare le opere idrauliche è necessario considerare l'incertezza adeguatamente ed è quindi necessario conoscere come le osservazioni vengono raccolte. Nell'ambito di questo corso ci limiteremo a discutere in merito all'osservazione di dati di precipitazione, nonchè dati di livello idrico e portata fluida di correnti fluviali.
Con il termine "precipitazione" si indica l'afflusso meteorico sia in forma liquida - ovvero pioggia - che solida - in forma di neve, nevischio, grandine - che interessa una località assegnata o una superficie geografica. In genere la precipitazione solida si misura attraverso l'equivalente in forma liquida.
In particolare, e riferendosi al caso specifico della pioggia, l’altezza di pioggia si definisce come l’altezza della lama d’acqua che si accumulerebbe in un tempo assegnato su una superficie orizzontale, qualora tutta l’acqua raccolta dalla superficie fosse trattenuta ed in assenza di perdite di ogni tipo. Quando si parla di altezza di precipitazione è dunque necessario specificare sempre l’intervallo di tempo nel quale la precipitazione è caduta.
Al fine di fornire un ordine di grandezza, è utile ricordare che 1 mm di lama d’acqua su 1 m2 equivale ad 1 litro, ovvero 1000 cm3. Gli strumenti classicamente utilizzati per la misura delle precipitazioni sono i pluviometri, che raccolgono l’acqua caduta su una superficie ridotta. La principale caratteristica delle misure di precipitazione tradizionali è quindi di essere misure puntuali.
Un pluviometro è un recipiente cilindrico, nella cui bocca, disposta orizzontalmente, è sistemato un imbuto raccoglitore (si veda la Figura 2). L’acqua si raccoglie sul fondo del pluviometro, quando questo è di dimensioni tali da poter essere agevolmente maneggiato, oppure in un secondo recipiente, più piccolo disposto al suo interno. Lo scopo dell’imbuto è quello di ridurre il più possibile le perdite per evaporazione. A questo scopo il foro, che è coperto da una sottile rete metallica, deve essere il più piccolo possibile.
Figura 2. Schema di pluviometro
Figura 3. Un esempio di pluviometro tradizionale (da Wikimedia Commons CambridgeBayWeather. Own work assumed (based on copyright claims), Public Domain).
Figura 4. Un esempio di pluviometro moderno (By Karelj - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20494811)
Figura 5. Centralina meteorologica con pluviometro
Il Servizio Idrografico Italiano, ora confluito nelle Aziende Regionali per la Protezione dell'Ambiente, ha adottato pluviometri con bocca di diametro pari a 0.357 m (corrispondente ad una superficie di un decimo di metro quadrato). Ad ogni litro di acqua raccolta corrispondono così 10 mm di altezza di precipitazione. Il pluviometro viene installato ad un’altezza dal suolo di 1.5 m circa in luogo aperto, lontano da alberi e da fabbricati, in modo che la pioggia sia in ogni parte libera di cadere sul ricevitore del pluviometro.
Nelle pubblicazioni del Servizio Idrografico e Mareografico Italiano le altezze di precipitazione ai pluviometri sono misurate con una scansione di 0.2 mm. Per la misura dell’afflusso meteorico nel caso di precipitazioni solide, il pluviometro deve essere riscaldato. Le altezze di precipitazione misurate dai pluviometri classici venivano in molti casi lette una volta al giorno. Per misure relative ad intervalli di tempo minori si utilizzano strumenti detti pluviografi.
Per numerosi scopi pratici è necessario conoscere l’intensità di precipitazione o intensità di pioggia a scale temporali ridotte, dell'ordine delle frazioni di ora o minuti. L’intensità di pioggia media è il rapporto (espresso in millimetri all’ora) tra l’altezza di precipitazione e l'intervallo temporale nel quale viene effettuata la misura. L’intensità di pioggia istantanea è il limite a cui tende l’intensità media quando la durata tende a zero.
Il grafico che rappresenta l’andamento nel tempo dell’intensità di precipitazione (che nella pratica tecnica è sempre un’intensità media, calcolata su intervalli di tempo di una certa durata) prende il nome di ietogramma. Quando la misura dell'altezza di precipitazione (e quindi dell'intensità) deve essere effettuata a scala temporale ridotta è chiaramente necessario che la lettura sia effettuata in automatico. In passato, e in molte stazioni di misura ancora oggi, il dato veniva raccolto dotando il pluviometro di un pennino che tracciava un grafico su un diagramma. Da qui il termine "pluviografi" con cui questi strumenti sono ancora indicati.
In dettaglio, il pluviografo è quindi costituito da:
- sensore, che rileva istante per istante il valore dell’altezza di pioggia caduta.
- Apparato di registrazione, ovvero foglio di carta, nastro magnetico, memoria solida.
Lo strumento più utilizzato nel passato era il pluviometro a bascula (tipping bucket). In questo strumento, l’acqua proveniente dall’imbuto finisce ora nell’uno ora nell’altro di una coppia di piccoli recipienti, solidali ad una base basculante attorno ad un perno (Figura 6). Man mano che il recipiente si riempie il baricentro del sistema basculante si sposta. Una volta raggiunto un certo grado di riempimento il sistema si ribalta: sotto il tubo collegato all’imbuto si presenta il recipiente vuoto, mentre quello pieno si svuota rapidamente.
Durante il moto del sistema si ha una perdita d’acqua, che in occasione di precipitazioni intense può raggiungere il 5%. Ad ogni oscillazione del sistema, la quale segna il passaggio di un assegnato volume d’acqua attraverso lo strumento, corrisponde la trasmissione di un impulso ad un meccanismo, che muove la punta scrivente. Una volta raggiunto il margine superiore del foglio la punta ritorna automaticamente alla base del foglio stesso.
Figura 6. Interno di pluviomentro a bascula (by CambridgeBayWeather)
Un pluviografo a bascula può consentire misure affidabili di intensità di precipitazione solo se è manutenuto e calibrato nella maniera appropriata. La calibrazione si rende necessaria in quanto nel pluviografo viene perso parte del volume di acqua di pioggia in arrivo dall’imbuto durante il movimento di ribaltamento della bascula. Questo induce delle sottostime dell’intensità di pioggia, crescenti al crescere del numero di ribaltamenti della bascula nell’unità di tempo, ovvero crescenti con l’intensità di precipitazione. Normalmente una prima calibrazione viene effettuata dal produttore.
Lo strumento deve poi essere assoggettato a periodiche ricalibrazioni. Con la taratura si alimenta il pluviografo con un volume noto di acqua; il volume ottenuto moltiplicando il numero di ribaltamenti della bascula per il volume di ciascuno dei piccoli recipienti deve essere equivalente (nel limite del 2-3%) a quello del volume di alimentazione. Tale equivalenza si assicura tramite la taratura dello strumento. Con la manutenzione si accerta, fra l’altro, che:
- la bocca dello strumento sia orizzontale;
- l’imbuto e la bascula siano liberi e non intasati da detriti;
- l’eventuale vegetazione circostante non disturbi lo strumento.
Le misure di precipitazione sono soggette, in misura notevole, ad errori sia casuali che sistematici. L'errore sistematico è determinato da diverse concause. La più rilevante deriva dall'accelerazione, verticale ed orizzontale, del vento in corrispondenza del pluviometro, che devia la traiettoria delle più piccole gocce d'acqua (effetto splash). Ne deriva che la quantità d'acqua raccolta è minore della quantità d'acqua che effettivamente cade al suolo. Ulteriori cause di errore sistematico sono:
- acqua trattenuta dalle pareti interne del pluviometro, dell'imbuto raccoglitore o del serbatoio di raccolta;
- evaporazione di una parte dell'acqua raccolta nel serbatoio;
- gocce che entrano, o escono, dal pluviometro, sotto forma di schizzi;
- neve accumulata dal vento sopra o dentro il pluviometro.
L’errore dovuto al vento aumenta di molto per precipitazioni solide, in ragione della loro minore velocità di caduta. Per tali precipitazioni, il pluviometro misura valori oscillanti fra il 20% ed il 70% della precipitazione di riferimento. Il valore dell’errore dipende dalla forma del pluviografo, e cresce con l’aumentare della velocità del vento.
Le perdite per acqua aderente alle pareti del pluviometro possono essere ridotte utilizzando pluviometri con pareti interne le più lisce possibile, che offrano scarsa possibilità di aderenza all'acqua. Le perdite per bagnatura delle pareti ed evaporazione possono anche essere ridotte utilizzando pluviometri nei quali il raccordo tra la parte cilindrica e quella, sottostante, conica, sia il più possibile graduale.
Le pareti interne del pluviometro non devono essere tinteggiate poiché le screpolature che, col tempo, inevitabilmente si producono nella vernice, aumentano le perdite per aderenza di acqua sulle pareti. Possono, tuttavia, utilizzarsi pluviometri di acciaio smaltati a caldo. Le pareti esterne devono essere bianche per diminuire il riscaldamento, e, quindi, le perdite per evaporazione. Il rimbalzo di gocce verso l'interno, o l'esterno, del pluviometro può essere ridotto conformando opportunamente l’imbuto ricevitore e il bordo cilindrico superiore. L’angolo di apertura del cono costituente l’imbuto e l’altezza del bordo cilindrico devono essere di entità tale che la perpendicolare alla generatrice del cono dell’imbuto, condotta a partire dalla base superiore del cono, sia contenuta entro il bordo superiore del cilindro verticale
Una descrizone del funzionamento del radar meteorologico e delle relative incertezze di misura può essere trovata qui e qui. Un esempio di misura in tempo reale può essere visto qui.
La stima di precipitazione può anche essere effettuata mediante osservazioni da satellite, mediante le quali, intepretando il colore della copertura nuvolosa, può essere stimata l'intensità di precipitazione. Il satellite presenta l'inconveniente di una scansione temporale grossolana (dell'ordine delle ore) e di imprecisioni delle tecniche di stima.
La ricerca sta sperimentando le opportunità offerte da sistemi avanzati di misura delle precipitazioni basati sull'analisi dell'intensità del segnale delle onde radio. Per una descrizione di sintesi, si veda qui.
La portata dei fiumi non si può misurare raccogliendo il volume d'acqua che attraversa la sezione in un dato intervallo di tempo, per impossibilità tecnica. Solo nel caso di corsi d’acqua piccolissimi o di sorgenti si possono eseguire misure di questo tipo, che rappresentano l’esatto corrispondente delle misure di pioggia. Pertanto nella pratica tecnica la portata fluviale di grandi fiumi si misura facendo ricorso a tecniche di stima che esprimono la portata in funzione di altre grandezze caratteristiche della corrente, quali ad esempio la velocità ed il livello del pelo libero.
Infatti, la portata che attraversa una data sezione di un corso d’acqua in un certo istante può essere espressa come:
Q(t) = v(t) A(t),
dove A(t) è l'area della sezione bagnata all'istante t considerato e v(t) è la velocità media sulla sezione sempre all'istante t, che a loro volta dipendono della perdita di carico totale della corrente.
Dall'equazione di cui sopra discende che la portata può essere stimata misurando l'area bagnata della sezione e la velocità della corrente. Questo tipo di misura è spesso indicata in gergo tecnico quale "misura diretta". Poichè questa richiede un notevole impiego di attrezzatura e di personale, si adotta nelle misure di routine un metodo alternativo di stima che esprime la portata in funzione della sola altezza d'acqua nella sezione trasversale, effettuando così quella che viene chiamata "misura indiretta".
Esistono infine tecniche di stima della portata, applicabili solo al caso di corsi d'acqua di ridotte dimensioni, basate sull'utilizzo di traccianti (i cosiddetti "metodi chimici") oppure sull'utilizzo di altri strumenti di diversa natura per la misura della velocità della corrente (si veda qui).
Al fine di eseguire la stima della portata, espressa come prodotto dell'area bagnata della sezione trasversale per la velocità media della sezione stessa, si usufruisce in genere di infrastrutture quali ponti che permettano di transitare agevolmente lungo la direzione trasversale della corrente. Qualora non vi siano infrastrutture disponibile il rilievo può essere eseguito con natanti o mediante guado. Le misure a guado sono riservate ai casi di profondità limitate (< 0.5 m) e di velocità della corrente modeste (< 2 ms-1).
Al fine di minimizzare l'incertezza è opportuno suddividere la sezione in sottosezioni tracciando dei segmenti ideali in direzione verticale, in corrispondenza di ciascuno dei quali si provvede a misurare l'altezza idrica e la velocità (Figura 7). La conoscenza delle altezze idriche permette di calcolare agevolmente l'area Ai di ciascuna sottosezione, che viene approssimata ad un trapezio. In corrispondenza di ogni verticale, si provvede a misurare la velocità dell’acqua mediante un mulinello, ovvero uno strumento che esprime la velocità in funzione della velocità di rotazione dell'elica della quale è dotato (Figura 8).
Infatti il mulinello è costituito di due parti: un equipaggio mobile che, investito dalla corrente, ruota ad una velocità che è funzione della velocità della corrente ed un dispositivo atto a contare il numero di giri. Il mulinello è inoltre dotato di supporto che permette all'operatore di inserirlo nella corrente. Il supporto è tipicamente costituito da una pertica e da una zavorra. Le zavorre, chiamate per la loro forma pesci, sono masse metalliche piuttosto grosse, affusolate per offrire la più bassa resistenza idrodinamica possibile, di lunghezza dell’ordine del metro e di peso compreso fra 5 e 150 kg. La velocità deve essere misurata a circa 1/3 dell'altezza a partire dal pelo libero.
Figura 7. Suddivisione della sezione trasversale in sottosezioni
Per ogni sottosezione si determina quindi la portata con la formula Qi = Ai vi e la portata totale si determina quale sommatoria di tutte le portate relative alle singole sottosezioni.
Il numero di sottosezioni e le modalità di esecuzione delle misure sono oggetto di una norma europea - la European ISO EN Rule 748 (1997) - che discute anche l'incertezza del dato risultante. Un esempio di stima di incertezza del dato di portata fluviale è riportato in questo contributo scientifico (in lingua inglese).
Figura 8. Un esempio di piccolo mulinello, senza supporto (By Wtshymanski - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=14531960)
La misura di portata indiretta si basa sull'assunzione che per una data sezione di un corso d’acqua esista una relazione biunivoca tra portate e livelli (scala delle portate), che permette di trasformare le osservazioni di altezza d’acqua in osservazioni di portata. Su queste assunzioni si basa il rilevamento sistematico delle portate dei corsi d’acqua naturali. Detta assunzione implica che la corrente si muova di moto uniforme, ovvero la sola condizione nella quale effettivamente esiste una corrispondenza biunivoca fra portate e livelli. Un esempio di scala delle portate è riportato in Figura 9 (in inglese).
Figura 9. Esempio di scala delle portate (By Amd892 (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons)
Una affidabile scala delle portate viene costruita su un intervallo di misure di livello e portata il più possibile esteso. Le misure per la determinazione della scala delle portate devono essere ripetute regolarmente e frequentemente, in modo da seguire l’evoluzione naturale dell’alveo e consentire l’aggiornamento della scala stessa. I punti sperimentali vengono poi spesso interpolati con una funzione analitica che permette l'estrapolazione.
La misura con scala delle portate è affetta di incertezze significative per la scarsa attendibilità dell'ipotesi di moto uniforme, per la variabilità della scabrezza dell'alveo che si traduce in variabilità della scala delle portate, per le variazioni periodiche della geometria dell'alveo e per gli errori indotti da estrapolazione.
I metodi chimici si avvalgono dell'uso di traccianti conservativi che vengono rilasciati nel corso d'acqua e sono quindi successivamente soggetti a diluizione tanto più marcata quanto più elevata è la portata idrica. E' quindi intuitivo che si possa associare la portata alla concentrazione di tracciante.
Il rilascio di tracciante avviene secondo lo schema riportato in Figura 10. Si assume che in una sezione fluviale posta a monte del punto di misura la portata sia pari al valore incognito Q e la concentrazione di tracciante sia pari a C0. Quest'ultimo valore viene misurato ed è quindi noto. In una sezione successiva, sempre a monte del punto di misura, si provvede al rilascio del tracciante. Questo puo' essere rilasciato in continuo, mediante una portata di immissione q nota con concentrazione di tracciante pure nota C1, oppure puo' essere operato il rilascio impulsivo di una massa di tracciante M.
Nella sezione di misura, posta a valle delle precedenti, viene posto uno strumento di rilievo della concentrazione, che opera in continuo misurando quindi la concentrazione C2. Nel caso in cui il rilascio sia continuo, una volta che il sistema sia a regime, la qual condizione viene evidenziata dallo stabilizzarsi della concentrazione C3, ricordando che la massa di un tracciante trasportata da una corrente per unità di tempo è data dal prodotto della concentrazione per la portata della corrente stessa, il bilancio della massa di tracciante si esprime mediante l'equazione
Q C0 + q C1 = (Q+q) C2,
nella quale l'unica incognita è la portata Q che puo' quindi essere facilmente determinata.
Quale tracciante può essere utilizzato il sale da cucina, che presenta il vantaggio del costo ridotto e del ridotto impatto sull'ecosistema fluviale. In tal caso, la concentrazione C0 può essere assunta nulla.
Nel caso in cui l'immissione sia impulsiva, assumendo ancora che C0 sia nulla e che la concentrazione nella sezione di valle sia misurata in continuo e sia quindi indicata dal simbolo C2(t), il bilancio di massa del tracciante può essere scritto come
M = ∫ Q C2(t) dt
dove l'integrale è calcolato fra gli estremi dell'intervallo temporale nel quale si verifica il passaggio della massa di tracciante rilasciata impulsivamente. Anche in questo caso l'unica incognita è la portata Q che puo' essere facilmente stimata approssimando l'integrale con una sommatoria.
Figura 10. Schema metodologico per la misura della portata fluviale con metodi chimici
Si veda quanto riportato qui.
Ultima modifica: 3 novembre 2020
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