La progettazione degli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici è un problema ingegneristico di notevole attualità. Sono ben note le preoccupazioni associate al verificarsi - con frequenza apparentemente crescente - di eventi estremi che generano rischi ambientali ed industriali, così come è noto che sono cresciute la vulnerabilità del territorio e il valore di quanto è esposto a rischio. La nostra comprensione delle dinamiche climatiche non ci permette ancora di produrre previsioni con lungo orizzonte temporale in grado di supportare la progettazione tecnica. Tuttavia è innegabile che sia necessario intervenire in soluzione coordinata e sistematica per ridurre i rischi connessi al verificarsi di estremi climatici (si veda, ad esempio, la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici).
Informazioni di dettaglio in merito ai cambiamenti climatici ed in particolare al loro effetto sul ciclo dell'acqua possono essere reperite in questa pagina - in inglese - dove peraltro sono brevemente introdotte anche alcuni dei concetti che verrano spiegati nel dettaglio in quanto segue.
Rispetto alle azioni di mitigazione del clima, le azioni di adattamento sono concepite a scala spaziale più ridotta: nazionale, regionale e locale, in dipendenza dal tipo di rischio al quale si fa riferimento (rischio alluvionale a grande scala, rischio alluvionale urbano, rischio di magra, onde di calore e così via). Le strategie di adattamento devono quindi essere elaborate e gestite soprattutto dalle amministrazioni locali piuttosto che dalle istituzioni internazionali. Tuttavia l'approccio al problema, che deve essere necessariamente di natura tecnica, deve basarsi su una visione lungimirante ed in grado di prestare attenzione tecnica sia ai dettagli sia alla visione ed alle esperienze internazionali.
Le infrastrutture verdi (o "nature based solutions", si veda anche qui) si stanno affermando quale interessante opportunità per conferire resilienza ai sistemi ambientali e sociali. Tuttavia la loro progettazione tecnica non è semplice poichè le esperienze pratiche in merito sono ancora ridotte e perlopiù confinate a progetti pilota (si vedano, ad esempio, le esperienze dell'Università di Bologna).
Di fatto la letteratura tecnica in merito alla progettazione di interventi di adattamento ai cambiamenti climatici è ancora frammentaria. Lo scopo di questa lezione è precisamente quello di fornire un quadro di riferimento concettuale per la progettazione integrata di soluzioni strutturali e verdi per l'adattamento ai cambiamenti ed alla variabilità climatica. Queste note vorrebbero rispondere alle seguenti questioni tecniche:
- In quali situazioni gli interventi strutturali sono necessari per l'adattamento ai cambiamenti climatici?
- E’ possibile risolvere situazioni di criticità con l’utilizzo esclusivo di soluzioni “nature based”?
- Quali metodologie progettuali possono essere adottate per le soluzioni “nature based”?
- Come deve studiata l'integrazione di soluzioni strutturali con misure "nature based"?
L’ambito di riferimento è in questa fase esteso: ci riferiamo ad ogni tipo di rischio cosiddetto "naturale" in un contesto tecnico del tutto generale.
Il quadro di riferimento per la progettazione tecnica di interventi di riduzione del rischio ambientale ed industriale è precisamente la teoria per la stima del rischio medesimo, che permette di evidenziare i relativi metodi di analisi.
- Il rischio R legato ad un evento assegnato è determinato dalla combinazione della pericolosità P, dell'esposizione E e della vulnerabilità V.
- R indica la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di evento, alla vulnerabilità del territorio nonché dal danno potenziale a cui il territorio stesso è soggetto (natura, qualità e quantità dei beni esposti).
- La pericolosità P è la probabilità che si verifichi un evento di elevata intensità, a parità di intervallo di tempo considerato.
- La vulnerabilità V è la probabilità che il tessuto sociale subisca danni di un determinato livello, a fronte di un evento di una determinata intensità.
- L'esposizione E riflette la maggiore o minore presenza sul territorio di beni esposti è può essere associato al danno economico causato da un evento assegnato.
Il rischio R è dato precisamente dalla relazione
R = P V E.
E' interessante analizzare la relazione che normalmente sussiste fra P, V, E ed R. Detta relazione può essere studiata per mezzo di un grafico che evidenzi l'andamento di E, V ed R in funzione di P, il quale ovviamente dipenderà dal sistema considerato e dal tipo di rischio. Tuttavia possono essere messe in evidenza alcune peculiarità che possono essere riconosciute nella Figura 1.
Figura 1. Esempio di curve pericolosità-esposizione-vulnerabilità-rischio - curve PEVR.
Innanzitutto si noti che in Figura 1 la pericolosità, ovvero la probabilità che si verifichi un evento che da' origine a criticità, è espressa in termini di tempo di ritorno. La probabilità di un evento è biunivocamente legata al suo tempo di ritorno da una relazione
P = f(T) .
La visualizzazione in dipendenza del tempo di ritorno risulta più efficace dal punto di vista tecnico. Si noti che il concetto di tempo di ritorno non è superato in condizioni di cambiamento climatico, ma è necessario che le relative procedure di stima siano aggiornate adottando eventualmente un approccio non-stazionario.
Al crescere del tempo di ritorno tipicamente vulnerabilità ed esposizione crescono. Per tempi di ritorno ridotti l'esposizione e la vulnerabilità sono nulle ma al di sopra di soglie assegnate queste crescono con andamento che dipende dal caso in esame. Al crescere del tempo di ritorno sia vulnerabilità sia esposizione tendono a raggiungere asintoticamente valori massimi.
Il rischio R, che risulta dal prodotto di pericolosità, vulnerabilità e esposizione, ha andamento diverso poichè al crescere del tempo di ritorno, ovvero al diminuire della pericolosità, tende ad annullarsi. E' quindi generalmente possibile identificare un tempo di ritorno al quale corrisponde il massimo del rischio.
Il cambiamento climatico si traduce nel cambiamento del tempo di ritorno di eventi di assegnata intensità. Alla variazione del tempo di ritorno corrisponde quindi una variazione di vulnerabilità. Il compito degli interventi di adattamento è quello di ridurre la vulnerabilità e/o l'esposizione, in modo da compensare la variazione del tempo di ritorno.
Una conveniente soluzione per studiare l'efficacia degli interventi di adattamento è quello di scindere l'analisi in due fasi:
- Nella prima fase si analizza l'effetto, in termini di vulnerabilità e/o esposizione, degli interventi, facendo riferimento alla curva PEVR attuale.
- Nella seconda fase si analizza l'effetto del cambiamento climatico sul tempo di ritorno.
Questo modo di procedere presenta il vantaggio che l'effetto positivo degli interventi di adattamento è valutato rispetto alla condizione attuale, mediante analisi idrologica/idraulica e socio-economica, in un contesto che non presenta quindi l'incertezza caratteristica delle previsioni future. L'analisi dell'impatto dei cambiamenti climatici viene invece posticipato alla seconda fase.
La determinazione delle curve PEVR in fase progettuale è soggetta ad incertezza, come tutte le analisi idrologiche. La letteratura recente fornisce basi teoriche e tecniche per la stima di incertezza in ambito idrologico, per assegnato livello di confidenza, con attendibilità sufficiente per supportare la progettazione tecnica (si veda, ad esempio, Montanari (2011)). Un esempio di fasce di confidenza delle curve PEVR è mostrato nella Figura 2.
Figura 2. Fasce di incertezza per curve PEVR.
La Figura 3 presenta una possibile configurazione di curva PEVR a valle della realizzazione di un intervento strutturale di adattamento. Questo è in molti casi efficace nel ridurre la vulnerabilità nell'arco di un intervallo di tempi di ritorno assegnato (intervallo di efficacia). Poichè l'intervento strutturale richiede normalmente un intervento importante sul territorio con impiego notevole di risorse, spesso si procede alla progettazione di interventi la cui efficacia è estesa su un ampio intervallo di efficacia che si concentra specificamente sui tempi di ritorno di maggiore interesse, ovvero quelli nei quali si verifica il massimo del rischio.
E' interessante notare che per tempi di ritorno che eccedono il limite superiore dell'intervallo di efficacia l'intervento strutturale potrebbe anche generare un aumento di vulnerabilità - si pensi ad esempio a quanto si potrebbe verificare in seguito al collasso di una struttura arginale. Allo stesso modo, è necessario notare che da più parti è stato messo in evidenza che la realizzazione di interventi strutturali potrebbe generare un incremento di esposizione, dovuto alla sensazione di sicurezza che questi interventi generano, la quale induce ad incrementare gli investimenti in zone soggette a rischio (si veda, ad esempio, il cosiddetto "levee effect" introdotto da Newell & Wasson (2002), peraltro già noto nella letteratura idraulica italiana del secolo scorso).
Figura 3. Esempio di curve PEVR a valle di intervento strutturale.
Gli interventi non strutturali, fra i quali sono generalmente comprese le infrastrutture verdi, generano una riduzione di vulnerabilità che è normalmente estesa su intervalli di efficacia più ristretti (Figura 4) e spostati verso tempi di ritorno più bassi rispetto agli interventi strutturali. Gli interventi non strutturali il più delle volte non generano incrementi di vulnerabilità o esposizione.
Figura 4. Esempio di curve PEVR a valle di intervento non strutturale.
Accoppiando più interventi non strutturali oppure combinazioni di interventi di diversa natura è possibile estendere l'intervallo di efficacia ad un più ampio intervallo di tempi di ritorno. Il modo in cui gli effetti di interventi di diversa natura si sovrappongono deve essere analizzato caso per caso. Taluni interventi possono combinarsi "in serie", generando ampi intervalli di efficacia. Altri interventi possono combinarsi in "parallelo", ovvero dare luogo ad ampie riduzioni di vulnerabilità. Si veda, ad esempio, la Figura 5.
L'effetto di ciascun intervento - o combinazione di interventi - sulle curve PEVR deve essere analizzato mediante analisi idrologica ed idraulica. L'attuale stato delle conoscenze permette di stimare l'impatto di interventi di adattamento - e della relativa incertezza - con attendibilità sufficiente a supportare la progettazione tecnica, per un ampio spettro di applicazioni ed anche in presenza di ridotta informazione sullo stato del sistema considerato.
Figura 5. Esempio di curve PEVR derivanti da sovrapposizione di interventi strutturali e non strutturali.
L'idea presentata all'inizio di questa trattazione, ovvero la suddivisione della fase di progettazione degli interventi di adattamento in due fasi - (1) analisi della situazione attuale e (2) analisi dell'impatto dei cambiamenti climatici - è in realtà spesso adottata in teoria delle decisioni. Costituisce, infatti, l'ossatura concettuale del metodo chiamato "Decision Scaling" (DS; Brown et al., 2012). Si tratta di un metodo di analisi cosiddetto "bottom-up", essendo fondato innanzitutto sull'analisi delle criticità del sistema (in questo caso vulnerabilità ed esposizione) nella situazione attuale. DS è stato precisamente introdotto nel contesto dell'adattamento al cambiamento climatico e differisce dalle metodologie tradizionali proprio perchè utilizza le previsioni climatiche solo per indirizzare le preferenze dell'utilizzatore rispetto a diverse alternative progettuali.
Il cuore di DS è una sorta di “stress test” che permette di identificare le circostanze, ancorchè improbabili, che potrebbero causare un collasso del sistema. Questa analisi può essere condotta mediante le curve PEVR, facendo riferimento alla tipologia (od alle tipologie) di evento rilevanti.
Successivamene si determina la probabilità che le criticità indicate possano verificarsi, utilizzando le proiezioni fornite da modelli climatici ma anche informazioni sussidiarie, che possono includere la "expert knowledge" oppure la simulazione stocastica. Esiste una lunga esperienza di analisi idrologiche basate su simulazione stocastica che spesso sono state condotte sotto l'ipotesi di stazionarietà, ovvero invarianza delle statistiche del clima e degli altri processi considerati. Le stesse metodologie possono essere applicate in presenza di cambiamento, adottando modelli non stazionari e/o separando l'analisi delle caratteristiche del sistema dall'analisi dei cambiamenti climatici, come peraltro è stato ipotizzato nell'ambito della presente trattazione. Recenti sviluppi teorici hanno evidenziato come la simulazione stocastica possa consentire di tenere in adeguato conto la conoscenza fisica del sistema, come verrà nel seguito evidenziato.
Il risultato che si ottiene è l'identificazione di un "dominio di vulnerabilità", ovvero un insieme di criticità chiave che l'utente finale - gestore o pianificatore - può utilizzare per isolare le condizioni climatiche ipotetiche rispetto alle quali rendere i sistema più resiliente. Il diagramma di flusso di DS è presentato nella Figura 6.
Figura 6. Diagramma di flusso del metodo Decision Scaling (DS).
La simulazione stocastica è una tecnica per l'elaborazione di scenari climatici futuri. E' basata sull'assunzione che la variabile di progetto sia una variabile casuale. Questo approccio si rivela particolarmente utile in presenza di incertezza. Infatti, la simulazione stocastica è una tecnica che permette di tracciare l'evoluzione di variabili che evolvono in accordo a dinamiche casuali, ovvero affette da incertezza.
La simulazione stocastica parte dal presupposto che sia possibile caratterizzare la dinamica del sistema di interesse attraverso un approccio induttivo, ovvero mediante analisi di dati osservati, tuttavia tenendo in adeguata considerazione ogni nformazione disponibile di tipo fisicamente basato (Montanari e Koutsoyiannis, 2012).
La simulazione stocastica permette di creare numerosi scenari possibili futuri, attraverso la generazione di variabili fittizie che non si sono realmente verificate ma che avrebbero potuto essere osservate con la medesima probabilità rispetto ai dati disponibili. In altre parole, le serie di dati simulati hanno le stesse caratteristiche statistiche rispetto ai dati osservati.
In presenza di cambiamenti climatici le condizioni attuali e passate potrebbero non essere rappresentative di ciò che accadrà in futuro. Tuttavia, le condizioni attuali sono l'espressione delle caratteristiche del sistema e quindi la loro analisi è un passaggio essenziale per caratterizzare il sistema stesso e per capire come potrà reagire a cambiamenti.
La simulazione stocastica si articola in tre passi successivi che danno luogo alla "simulazione stocastica di cambiamenti ambientali":
- Analisi delle caratteristica del sistema con metodi statistici che permettano di tenere in adeguato conto le conoscenze fisicamente basate del sistema di interesse;
- Stima dell'impatto dei cambiamenti climatici sulle caratteristiche statistiche del sistema;
- Generazione di scenari futuri in presenza di "change" mediante simulazione stocastica fisicamente basata (PSB).
Il primo step può essere sviluppato utilizzando le tecniche tradizionali di analisi statistica. Il secondo step può essere condotto utilizzando le proiezioni fornite da modelli climatici o altre informazioni specifiche. Il terzo step può essere condotto mediante metodi tradizionali di simulazione stocastica.
La Figura 7 (in inglese) mostra un esempio di workflow di simulazione stocastica.
Figura 7. Diagramma di flusso di simulazione stocastica.
Al fine di consentire un efficace e consono utilizzo delle indicazioni progettuali è necessario che il metodo Decision Scaling sia accompagnato da una valutazione puntuale di incertezza. Mentre la stima di incertezza delle curve PEVR è supportata da metodologie ormai consolidate, è importante considerare che non esistono ancora metodogie valide dal punto di vista tecnico per stimare l'incertezza delle proiezioni climatiche. La configurazione del clima futuro, in presenza di cambiamento, è ancora affetta da numerose incognite, nonostante i media presentino spesso certezze che non sono in realtà tali.
Proprio per questo motivo è essenziale separare la valutazione del sistema dalla valutazione del clima futuro, che dovrà essere fatta con spirito critico e integrando diversi tipi di informazioni. In presenza di incertezze significative, che possono generare conseguenze di alto impatto, è più che mai necessario fare riferimento ad un approccio ingegneristico e pragmatico.
Brown, C., Ghile, Y., Laverty, M., & Li, K. (2012). Decision scaling: Linking bottom‐up vulnerability analysis with climate projections in the water sector. Water Resources Research, 48(9). Montanari A. Uncertainty of hydrological predictions, in "Treatise on Water Science", ISBN:9780444531995, DOI:10.1016/B978-0-444-53199-5.00045-2, pp.459-478, 2011. Montanari, A., & Koutsoyiannis, D. (2012). A blueprint for process‐based modeling of uncertain hydrological systems. Water Resources Research, 48(9). Newell, B., & Wasson, R. (2002). Social system vs solar system: why policy makers need history. Conflict and cooperation related to international water resources: historical perspectives, 62, 3ff.
Scarica la presentazione powerpoint di questa lezione.
Ultima revisione: 27 giugno 2019
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