Il Decreto 24 Marzo 1982 del Ministero dei Lavori Pubblici "Norme tecniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento" (G.U. 4-8-1982, n° 212) classifica gli sbarramenti fluviali nelle seguenti categorie:
- Dighe murarie;
- Dighe di materiali sciolti;
- Sbarramenti di tipo vario;
- Traverse fluviali.
Le traverse sono sbarramenti che determinano un sovralzo contenuto del pelo libero della corrente a monte. La finalità delle traverse è essenzialmente quella di innalzare il livello liquido di monte e di stabilizzarlo per favorire la derivazione delle acque o anche, specie su torrenti a elevata pendenza di fondo, per facilitare il deposito del materiale solido di trascinamento con il fine di “fissare” il livello d’alveo e conseguentemente il grado di stabilità delle sponde vallive. Tuttavia, queste ultime opere di regolazione del profilo del fondo sono denominate spesso "briglie" mentre il termine traversa è normalmente utilizzato per opere destinate alla regolazione del livello del pelo libero.
E' importante sottolineare che le traverse non hanno il compito di creare un invaso destinato a compensare la variabilità delle portate fluviali di monte su lunghi periodi. La traversa solitamente origina un invaso di monte di dimensioni oltremodo ridotte, che può al più permettere un compenso della variabilità dei deflussi nell'arco delle 24 ore. La traversa si differenzia quindi dalla diga, che invece origina invasi di monte significativi.
In particolare, la legge 21 ottobre 1994, n. 584 prevede che rientrino nella competenza dello Stato (e dunque del Servizio Nazionale Dighe, oggi Direzione Dighe del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) “le opere di sbarramento, dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1˙000˙000 di metri cubi”. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome “gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1˙000˙000 di metri cubi”.
Queste definizioni distinguono quindi dal punto di vista normativo le dighe dalle traverse. E' bene specificare che, ai fini dell’attribuzione delle competenze allo Stato o alle regioni e province autonome, la stessa legge 21 ottobre 1994, n. 584, e ancor meglio la successiva circolare P.C.M. 13 dicembre 1995, n. DSTN/2/22806, hanno introdotto le seguenti definizioni di altezza della diga e di volume di invaso:
- “Con il termine di «altezza» si intende la differenza tra la quota del piano di coronamento, ovvero del ciglio più elevato di sfioro nel caso di traverse prive di coronamento, e quella del punto più depresso dei paramenti da individuare su una delle due linee di intersezione tra paramenti e piano di campagna”.
- “Con il termine «volume di invaso» si intende la capacità del serbatoio compresa tra la quota più elevata delle soglie sfioranti degli scarichi, o della sommità delle eventuali paratoie (quota di massima regolazione), e la quota del punto più depresso del paramento di monte da individuare sulla linea di intersezione tra detto paramento e piano di campagna”.
Si noti che la definizione di “altezza” della diga introdotta dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584 è differente da quella indicata sulla normativa precedente. In particolare, il decreto Min. LL.PP. 24 marzo 1982 definiva quale altezza della diga “il dislivello tra la quota del piano di coronamento (esclusi parapetti ed eventuali muri frangionde) e quella del punto più basso della superficie di fondazione (escluse eventuali sottostrutture di tenuta)”.
Dunque l’altezza della diga secondo la legge 584/1994 (riferita al punto più depresso dei paramenti) è di norma inferiore all’altezza secondo il decreto marzo 1982 (riferita al punto più basso della fondazione). Il dimensionamento della traversa dipende da molte variabili che attengono alle caratteristiche del materiale in alveo, alla profondità dell’eventuale substrato roccioso, all'utilizzo dell'opera, alla presenza o meno di paratoie, alle loro caratteristiche di funzionamento e di manovra, alle condizioni di esercizio, alla qualità ed entità del trasporto solido galleggiante, di trascinamento e in sospensione, della corrente idrica.
Normalmente la traversa è rettilinea e disposta ortogonalmente al flusso idrico, ma talvolta possono essere anche disposte obliquamente, per ragioni legate alla morfologia del corso d'acqua oppure per diminuire l’altezza della vena sfiorante sulla soglia della traversa. Le traverse fluviali sono solitamente classificate nelle seguenti tipologie:
- Traverse mobili, che sono dotate di organi di regolazione del livello idrico di monte quali paratoie, etc.;
- Traverse fisse, che sono prive di organi di regolazione del livello idrico di monte;
- Sbarramenti precari (temporanei).
La Figura 1 mostra una vista da satellite della traversa mobile Ybbs-Persenbeug sul Fiume Danubio. Si notano le conche di navigazione e le paratoie di regolazione poste nella parte centrale.
Figura 1. Vista aerea della traversa mobile Ybbs-Persenbeug, sul Fiume Danubio. Il senso di scorrimento del deflusso è da sinistra a destra.
A monte della traversa, in destra idrografica, si nota il porto di attesa. Il corpo della traversa include le conche di navigazione in sinistra idrografica, poi la centrale idroelettrica nord, la batteria delle paratoie in posizione centrale, ed infine la centrale idroelettrica sud. Si notano le porte vinciane che chiudono a valle le conche di navigazione.
Nell'ambito di questo corso ci occuperemo solamente della progettazione di traverse fisse, la cui progettazione viene spesso richiesta all'ingegnere professionista per prelevare risorsa idrica dal corso a fini irrigui, civili o di generazione idroelettrica mediante piccoli impianti ad acqua fluente. Le traverse fluviali sono anche utilizzate quali opere di controllo del deflusso ai fini della protezione dalle piene.
La traversa fluviale fissa è spesso utilizzata per effettuare prelievi idrici da un corso d'acqua cosiddetti "ad acqua fluente", ovvero senza compensazione della variabilità dei deflussi. Sono spesso inserite in alvei montani e quindi la loro progettazione presenta aspetti strutturali, geologici, geotecnici e aspetti più strettamente idraulici.
In questa sede noi ci occuperemo solo della progettazione idraulica. Tralasceremo quindi gli aspetti relativi all'immorsamento del corpo della traversa nell'alveo e gli aspetti più strettamente strutturali.
Il primo problema progettuale che si pone è quello della stima della portata di prelievo di progetto. A questo fine, occorre innanzitutto valutare le esigenze, che dipendono ovviamente dall'utilizzo. Se la portata di progetto è condizionata dalla disponibilità idrica del corso d'acqua, piuttosto che dalle esigenze (ciò accade quando l'esigenza è superiore alla disponibilità, e quindi ci si pone l'obiettivo di prelevare la massima portata possibile), si pone il problema di stimare la disponibilità idrica stessa.
La stima di disponibilità di risorsa idrica è un passo essenziale per la messa a punto di efficaci strategie di gestione della risorsa stessa. Si tratta di una valutazione non semplice, soprattutto nel caso in cui si pianifichi lo sfruttamento di risorse idriche sotterranee.
La stima di disponibilita' di risorsa idrica superficiale è meno complessa, poichè i corpi idrici di superfice sono più facilmente osservabili rispetto a quelli sub-superficiali. Tuttavia, la stima delle portate idriche che possono essere prelevate da corsi d'acqua superficiali rimane uno degli aspetti più delicati della progettazione di opere di prelievo, poichè in molti casi occorre lavorare in carenza o assenza di osservazioni.
Qualora ci si riferisca ad una sezione fluviale strumentata e per la quale di dispone di osservazioni di portata per un periodo sufficientemente lungo, ovvero un caso che si presenta molto raramente nella pratica professionale, il problema della stima di disponibilità di risorsa si risolve con soluzioni relativamente semplici che appartengono alla pratica professionale consolidata.
La soluzione comunemente praticata è quella di stimare la "curva di durata delle portate" (che verrà in seguito indicata con l'acronimo FDC, dall'inglese "flow duration curve"). La FDC si visualizza di solito graficamente, ma può anche essere espressa mediante funzioni analitiche che interpolano i punti ricavati mediante analisi dei dati di portata storici. L'uso di una rappresentazione grafica presenta il vantaggio di fornire una rappresentazione di facile comprensione per i portatori di interesse favorendo quindi la trasparenza dei processi decisionali.
La FDC visualizza la percentuale di tempo (durata) nell'arco di un assegnato periodo di osservazione durante il quale è stata eguagliata o superata una portata assegnata (si veda la Figura 1).
Figura 1. Derivazione della curva di durata delle portate da un idrogramma osservato (figura fornita da Attilio Castellarin)
La FDC è una caratteristica idrologica essenziale del bacino idrografico della sezione fluviale considerata, poichè la FDC è determinata dal clima e dalle caratteristiche geomorfologiche del bacino stesso, nonchè dagli effetti dell'antropizzazione. E' interessante notare che la FDC fornisce una stima approssimata della distribuzione di probabilità cumulata della variabile casuale "deflusso fluviale". Infatti, la FDC fornisce un'indicazione della frequenza (ovvero la durata relativa) con la quale un deflusso assegnato è eguagliato o superato e dunque della frequenza cumulata. Dunque, se il periodo di osservazione è sufficientemente lungo la FDC porge asintoticamente una stima della probabilità di superamento di un deflusso fluviale assegnato.
La stima della FDC da una serie di osservazioni può essere condotta con la semplice procedura che segue:
- Si riuniscono tutte le osservazioni in una unica serie temporale.
- Si ordina la serie temporale dal valore più alto (in prima posizione) a quello più basso (in ultima posizione). Alle osservazioni ordinate viene associato un numero d'ordine.
- Si riporta in un grafico ciascuna osservazione di portata (in ordinata) in funzione del numero d'ordine relativo, ovvero il numero di volte nelle quali l'osservazione è stata eguagliata o superata diviso per il numero totale delle osservazioni.
A questo punto si può utilizzare il grafico ottenuto, ovvero la FDC, per stimare la durata relativa di una portata assegnata, la quale durata relativa porge una stima della relativa probabilità di superamento. Il metodo di stima innanzi descritto utilizza quindi tutto il periodo di osservazione. E' importante osservare che la stima è attendibile se il periodo di osservazione copre un numero sufficiente di cicli annuali.
Un metodo alternativo per stimare la FDC a partire da una serie temporale osservata è quello di costruire N FDC annuali, dove N è il numero di anni nel periodo di osservazione. Una volta note le N curve di durata, è possibile ottenere la curva di durata media calcolando, per ogni durata, il valore medio della portata fluviale corrispondente. La procedura si articola quindi nei seguenti passi:
- N FDC annuali sono stimate per ogni anno del periodo di osservazione (per gli anni bisestili non si considerano le osservazioni nel giorno 29 febbraio).
- Dall'insieme delle N FDC si può stimare la FDC media o mediana.
- Analogamente si può anche stimare l'intervallo di portate, per ogni durata, nel quale è compresa un'assegnata percentuale di osservazioni di portata raccolte nei singoli anni.
La Figura 2 riporta un esempio di calcolo utilizzando il secondo metodo innanzi descritto.
Figura 2. Stima della curva di durata annuale da una serie di dati (figura fornita da Attilio Castellarin)
La figura 3 mostra un esempio di FDC visualizzata graficamente.
Figura 3. Rappresentazione grafica della FDC (figura fornita da Attilio Castellarin)
In precedenza abbiamo menzionato che la FDC fornisce un quadro complessivo del regime fluviale nella sezione considerata. La figura 4 mostra un esempio di definizione di diversi intervalli di suddivisione delle portate fluviali osservate.
Figura 4. Esempio di regimi fluviali identificati sulla base della FDC (figura fornita da Attilio Castellarin)
La stima della curva di durata delle portate per una sezione fluviale non strumentata è un problema tecnico che frequentemente si presenta all'ingegnere professionista. La letteratura propone metodi alternativi di stima.
Una prima possibilità è quella di avvalersi del concetto di similitudine idrologica. Questa procedura si basa sull'assunzione di similarità del regime fluviale nella sezione di interesse e in una sezione strumentata opportunamente selezionata. Una volta stimata la FDC per la sezione strumentata, la FDC per la sezione non strumentata è ottenuta riscalando la FDC nota per il rapporto Aug/Ag, dove Aug e Ag sono le aree dei bacini contribuenti alle sezioni, rispettivamente, non strumentata e strumentata.
Un'altra possibilità per stimare la FDC per siti non strumentati, che è tuttavia ancora poco utilizzata nelle applicazioni tecniche in ragione della maggiore complessità, è quella di utilizzare procedure di regionalizzazione. Il metodo richiede l'identificazione preliminare di una cosiddetta "regione omogenea" nella quale si assume che la FDC per ogni sezione fluviale sia rappresentata da una funzione analitica di tipo parametrico.
Successivamente i parametri sono stimati per tutte le sezioni strumentate e si identificano relazioni di regressione che li esprimano in soluzione efficiente in dipendenza di caratteristiche idrologiche, geomorfologiche e climatiche del relativo bacino imbrifero. Dette caratteristiche sono opportunamente selezionate, anche sulla base della loro facile reperibilità per tutti i bacini compresi nella regione omogenea.
La procedura è successivamente validata riproducendo le FDC per le sezioni strumentate, che sono ad una ad una trattate come se non fossero strumentate. Un esempio di applicazione è mostrata dall'articolo scientifico (in lingua inglese) disponibile qui. Vi sono altri metodi per la stima della FDC in sezioni non strumentate che tuttavia non verranno trattati in questa sede.
Nell'ipotesi che la portata di progetto sia condizionata dalla disponibilità idrica del corso d'acqua, piuttosto che dalle esigenze, la determinazione della portata di progetto, ovvero della portata massima da prelevarsi dal corso d'acqua, deve basarsi sulla ricerca del miglior compromesso fra il costo di realizzazione e il beneficio ritraibile. Un'opera progettata per una portata che risulterà disponibile solo per un periodo di tempo limitato nel corso dell'anno risulterà inutilmente sovradimensionata, mentre un'opera sottodimensionata sarà in grado di offrire benefici ridotti rispetto a quelli potenzialmente ritraibili.
L'analisi costi-benefici non deve limitarsi agli aspetti economici ma anche a quelli ambientali, di fruizione in senso ampio della risorsa ed ogni altro aspetto rilevante. Chiaramente, detta analisi dipende strettamente dall'uso che viene fatto della risorsa. Nella progettazione degli impianti idroelettrici ad acqua fluente, detti anche impianti mini-hydro, è prassi adottare quale portata di progetto quella che corrisponde ad una durata pari al 15-20% dell'anno. Un valore indicativo è quello della portata corrispondente ad una durata pari a 60 giorni.
Una volta definita la portata di progetto, la FDC permette di stimare rapidamente il volume prelevato, conteggiando anche il rilascio del deflusso minimo vitale (DMV; si veda anche qui). Il DMV è definito quale "la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d'acqua, che deve garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corso d’acqua, chimico-fisiche delle acque nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali. Per “salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corso d'acqua” deve intendersi il mantenimento delle sue tendenze evolutive naturali (morfologiche ed idrologiche), anche in presenza delle variazioni artificialmente indotte nel tirante idrico, nella portata e nel trasporto solido; per “salvaguardia delle caratteristiche chimico-fisiche e delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali delle acque”, deve intendersi invece il mantenimento, nel tempo, dello stato di qualità chimica e ecologica delle acque, tale da consentire il perseguimento degli obiettivi di qualità individuati ai sensi degli artt. 76, 77, 78 e 79 del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, di recepimento dell’art. 4 della Direttiva Quadro Europea delle Acque "Water Framework Directive".
Recentemente si fa sempre più frequentemente riferimento al "Deflusso Ecologico" (DE) che è definito quale "regime idrologico che, in un tratto idraulicamente omogeneo di un corso d’acqua, appartenente ad un corpo idrico è conforme col raggiungimento degli obiettivi ambientali definiti ai sensi dell'art. 4 della Water Framework Directive. Sebbene la definizione di DMV sia sostanzialmente coincidente con quella di DE, e il DMV rappresenti una componente di tale deflusso, sussiste l’esigenza che i metodi con i quali le Autorità provvedono alla quantificazione del DMV siano maggiormente coerenti con la necessità di considerare gli effetti dei deflussi sui comparti ambientali dei corsi d’acqua, con particolare riferimento agli elementi di qualità biologici, al fine di supportare il raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati. Il DMV rappresenta pertanto il regime che deve essere ricondotto al DE.
La stima della portata di progetto con metodo grafico, tenendo conto del DMV, è rappresentata dalla Figura 5.
Figura 5. Stima del volume idrico prelevato.
Il volume inferiore indicato in giallo contribuisce al volume prelevato, essendo equivalente al volume superiore indicato in giallo, che rappresenta eccedenza di volume defluito rispetto a quello prelevato, che quindi contribuisce al volume di DMV. Una volta definito il volume di prelievo, è possibile calcolare la portata media Qmp di prelievo. Possono quindi essere calcolati i seguenti indici, che quantificano l'impatto della captazione:
- Indice di captazione Ic=Qp/Qm, ove Qm è la portata media in condizioni indisturbate del corso d'acqua, ovvero l'ordinata di compenso della FDC, mentre Qp è la portata di prelievo (portata di progetto).
- Indice di utilizzo Iu=Qmp/Qm, dove Qmp è la portata media di prelievo.
La Figura 6 presenta una tipica struttura di una traversa fluviale fissa. La traversa è costituita dai seguenti elementi:
- Soglia principale della traversa: si tratta della soglia sopra la quale transita la portata fluviale in eccedenza rispetto al deflusso minimo vitale (DMV, chiamato "environmental flow" in lingua inglese) ed alla portata idrica prelevata. La soglia principale può essere a giacitura orizzontale oppure può presentare la parte centrale ribassata, al fine di allontanare la corrente dalle sponde. In tal caso, la parte centrale ribassata si denomina "gaveta", mentre le parti inclinate di collegamento alla quota superiore sono denominate "ali" ed hanno tipicamente pendenza pari al 100% (45°).
- Callone: si tratta della soglia di sfioro più depressa, che è destinata ad assicurare il deflusso minimo vitale. I regolamenti regionali possono imporre una larghezza minima al callone (dell'ordine dei 40-50 cm) e possono imporre che non sia presidiato da alcuna opera di regolazione (paratoia).
- Soglia di prelievo: si tratta della soglia attraverso la quale transita la portata idrica prelevata. E' solitamente dotata di paratoie atte ed interrompere il prelievo. La Figura 5 mostra un caso di prelievo attraverso soglia laterale. Il prelievo può anche avvenire tramite soglia frontale. In taluni altri casi è realizzato mediante griglia di fondo, che minimizza le operazioni di gestione.
- Sghiaiatore e dissabbiatore: sono disposti in sequenza ed hanno il compito di assicurare la rimozione del materiale in sospensione. Sono dotati di sfioratore di superficie e scarico di fondo per permettere le operazioni di pulizia. A questo fine, il dissabbiatore può essere composto di due setti paralleli onde permettere la pulizia in sequenza senza interrompere il prelievo.
- Vasca di carico: nel caso in cui l'adduzione verso valle avvenga mediante condotta in pressione, la vasca di carico assicura che vi sia in ogni condizione di funzionamento una adeguata sommersione dell'imbocco della condotta di adduzione onde evitare ingressi d'aria.
- Protezioni dall'erosione di valle: possono essere realizzate con massi di grossa pezzatura, con vasche di dissipazione e con controbriglia.
La strutttura della traversa comprende i muri laterali e le opere di immorsamento e fondazione, che sono opere atte ad assicurare la stabilità dell'opera.
Figura 6. Schema di traversa fluviale fissa
La posizione altimetrica della traversa deve essere valutata in funzione degli elementi e considerazioni che seguono:
- A monte della traversa deve essere originato un rigurgito in grado di creare un piccolo invaso con funzioni di compenso giornaliero; il volume invasato deve essere contenuto e in nessun caso superiore a 1.000.000 m3, onde non configurarsi quale diga.
- La traversa non deve superare l'altezza di 15 metri, misurati dal punto più depresso nei dintorni dell'opera dell'alveo indisturbato alla soglia di sfioro più elevata, onde non configurarsi quale diga.
- Il profilo di rigurgito originato a monte deve essere tale da non creare situazioni di maggiore rischio idraulico. Detta valutazione deve essere effettuata tracciando il profilo del pelo libero, incondizioni di moto vario, corrispondente ad un adeguato idrogramma di progetto (questi temi verranno trattati in altre lezioni del corso).
- Il posizionamento della traversa non deve originare fenomeni di instabilità dell'alveo e dei versanti. Deve quindi essere effettuata una accurata valutazione della geologia dei versanti.
- Deve essere valutata con attenzione la capacità di trasporto solido della corrente onde evitare il rapido sovralluvionamento della traversa. Devono essere considerate le incertezze nella valutazione del trasporto solido e devono essere previste modalità di effettuazione di operazioni di pulizia.
Le valutazioni di cui sopra consentono di identificare la quota ottimale della soglia principale della traversa. Rispetto a detta quota, la soglia di prelievo ed il callone devono essere posizionati a quota inferiore, in modo da dare precedenza ai relativi deflussi rispetto al deflusso dalla soglia principale che, come abbiamo innanzi menzionato, è concepita per smaltire con efficienza e sicurezza la portata fluviale in eccesso rispetto al deflusso minimo vitale ed alla portata idrica prelevata. Il dislivello fra soglia principale e soglia di prelievo viene calcolato ipotizzando che il deflusso attraverso la soglia di prelievo della portata idrica Qp, ovvero la portata di progetto dell'opera di presa, avvenga in accordo alla formula che esprime il deflusso attraverso uno stramazzo, ovvero:
dove μ è il coefficiente di deflusso, che è generalmente assunto pari a 0.385 per lo stramazzo a larga soglia, Δh1 è il dislivello fra soglia principale e soglia di presa, g è l'accelerazione di gravità e Lp è la larghezza complessiva della soglia di presa. Analogamente, il dislivello fra soglia di presa e la soglia del callone è calcolato mediante la formula
dove QDMV è la portata di deflusso minimo vitale e Lc è la larghezza della soglia del callone. Mentre il callone è preferibile che non sia presidiato da paratoie, è opportuno che la soglia di presa lo sia. La paratoia potrà essere a comando manuale oppure automatico.
Lo sghiaiatore e dissabbiatore hanno il compito di permettere la rimozione del materiale solido in sospensione che non può essere veicolato verso valle. La rimozione del materiale solido è opportuna per evitare interrimento di canali di adduzione, se presenti, e per evitare danni a macchinari, se presenti. Ad esempio, se il prelievo è a fini idroelettrici le specifiche tecniche dei macchinari (turbine, etc) prescrivono la dimensione massima tollerata per eventuale materiale solido trasportato dalla corrente.
In quanto segue, assumeremo che il materiale in sospensione sia costituito da particelle solide di forma sferica e diametro d. Lo sghiaiatore è funzionale alla rimozione del materiale più grossolano, ed è costituito di una vasca con altezza d'acqua dell'ordine dei 50-70 cm, larghezza dell'ordine di 2-6 metri ed estensione longitudinale dell'ordine dei 5-10 metri.
Solitamente l'estensione longitudinale dello sghiaiatore è parti a circa la metà di quella del dissabbiatore, la cui progettazione è descritta nel seguito. Le misure ovviamente dipendono dalla portata di progetto dell'opera. Lo sghiaiatore è separato dal dissabbiatore da una soglia alta 40-50 cm, in prossimità della quale è opportuno prevedere lo scarico di fondo per assicurare le operazioni di pulizia.
Il dissabbiatore può essere diviso in due camere longitudinali. Prevede pure altezze d'acqua pari a 50-70 cm e larghezza pari a 2-6 metri per ogni camera. La lunghezza viene progettata per assicurare il tempo di permanenza necessario per permettere la sedimentazione di una ipotetica particella sferica di diametro d che si trovi sospesa in prossimità del pelo libero.
Se l'altezza d'acqua è pari ad h, il tempo di sedimentazione si calcola come t = h/ws, dove ws è la velocità di sedimentazione data dalla Legge di Stokes. Questa è ricavata eguagliando la forza peso che tende a trascinare la particella verso il fondo alla forza idrodinamica resistente che si oppone all'affondamento. I passaggi sono illustrati negli appunti che seguono.
In funzione della dimensione trasversale del dissabbiatore e dell'altezza d'acqua all'interno è possibile calcolare l'area Ad della sezione trasversale del dissabbiatore stesso e quindi la velocità della corrente quale V = Qp/Ad. E' opportuno verificare che la velocità dell'acqua del dissabbiatore sia pari a 0.05-0.15 m/s. La lunghezza del dissabbiatore Ld è quindi pari a Ld = V t. Un ordine di grandezza è fornito dalla formula empirica L = h/0.06.
Al suo termine, il dissabbiatore è separato dalla vasca di carico eventualmente presente, o dall'imbocco delle opere di adduzione se la vasca di carico non è presente, da una soglia alta 40-50 cm, in corrispondenza della quale è posto lo scarico di fondo per la pulizia. Lo sfioro dal dissabbiatore può essere protetto da una griglia.
La vasca di carico è progettata in modo tale da assicurare la copertura completa in ogni condizione della condotta di adduzione da parte della corrente. Solitamente si adotta una configurazione geometrica tale da assicurare in ogni condizione di funzionamento un sovralzo del pelo libero nella vasca di carico rispetto al cielo della condotta pari a 1.5 va2/(2g), ove va è la velocità massima in condotta.
Qualora si preveda un deflusso importante dalla soglia principale, è opportuno sagomare la soglia principale stessa in modo tale da accompagnare e sostenere la vena tracimante, per evitare distacchi di vena e successivi "sbattimenti" della vena stessa sul corpo dell'infrastruttura.
Solitamente si adotta il profilo Creager, oppure il profilo Scimemi. Una rappresentazione grafica ed analitica dei due profili è fornita qui. La pagina è in francese ma le figure e le formule sono facilmente comprensibili.
E' opportuno verificare la traversa al sifonamento, ovvero l'instabilità che si può verificare qualora si instaurino moti di filtrazione sotto la traversa stessa. La verifica accurata prevede il tracciamento del reticolo del flusso di filtrazione. Una verifica preliminare può essere effettuata con la regola di Bligh-Lane: F > h/(Lv+1/3 Lh) dove h è il dislivello fra i peli liberi della corrente di monte e valle e F è un coefficiente tabulato in funzione del materiale d'alveo su cui è impostata la fondazione. La figura 7 mostra una sezione trasversale della traversa in corrispondenza della soglia principale. La figura evidenzia anche la posizione del taglione ed i percorsi orizzontali e verticali da considerare quando si applica la regola di Lane.
Figura 7. Sezione trasversale di una opera di presa in corrispondenza della soglia principale, dotata di profilo creager.
Infine, è opportuno proteggere l'alveo di valle dall'erosione, ponendo in opera un bacino di dissipazione (la cui progettazione sarà trattata in altra lezione) oppure massi di grossa pezzatura, opportunamente dimensionati.
Il prelievo della risorsa idrica viene in taluni casi effettuato mediante griglia di fondo. Rispetto al prelievo con soglia laterale, la griglia di fondo presenta il vantaggio della maggiore semplicità di gestione e manutenzione, sicchè questa soluzione è spesso preferita per le opere destinate a prelievi di ridotta entità, tipicamente localizzate in ambito montano. Le Figure 8 e 9 mostrano un'opera di prelievo su un affluente di sinistra del Torrente Travignolo, nel Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino.
Figura 8. opera di prelievo su un affluente di sinistra del Torrente Travignolo, nel Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino.
Figura 9. opera di prelievo su un affluente di sinistra del Torrente Travignolo, nel Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino.
Il progetto della geometria della griglia di fondo viene condotto tracciando innanzitutto il profilo del pelo libero della corrente in corrispondenza della griglia stessa, in funzione del quale la portata idrica intercettata è calcolata applicando la teoria idrostatica. Il procedimento di calcolo si basa sulle seguenti assunzioni:
- corrente gradualmente variata sulla griglia;
- moto permanente;
- sezioni piane e verticali sulla griglia;
- energia costante lungo la griglia e pari a E0.
Chiaramente le assunzioni di cui sopra non sono a rigore verificate.
In particolare la prima assunzione è critica perchè la eventuale presenza di barre longitudinali rende il moto bidimensionale e l’annullamento della pressione dell’acqua sui vuoti della griglia rende inattendibile l’ipotesi di distribuzione idrostatica delle pressioni. La terza ipotesi implica che le forze peso nella direzione della griglia compensino le perdite dovute alla resistenza al moto. Sebbene dette perdite dipendano anche dalla forma della griglia, le esperienze sperimentali dimostrano che l’ipotesi di energia costante è abbastanza attendibile. La seconda ipotesi non è particolarmente restrittiva.
Nella pratica professionale le assunzioni potranno essere considerate verosimili in molti casi, a maggior ragione se la griglia ha una ridotta estensione longitudinale. Indicando con h l'altezza idrica lungo la briglia, la quale varia lungo la griglia stessa (la dipendenza di h dall'ascissa fluviale lungo la griglia x non è esplicitata in quanto segue per semplicità), il calcolo del profilo del pelo libero e della portata scaricata, ipotizzando che la sezione trasversale in corrispondenza della griglia sia rettangolare, si conducono come segue, riferendosi ad un metro di larghezza della griglia.
Sommando i contributi elementari si ottiene la portata intercettata dalla griglia. La Figura 10 riporta la dimostrazione di cui sopra eseguita alla lavagna durante la lezione.
Figura 10. Dimostrazione eseguita a lezione della formula per il calcolo della portata intercettata da una griglia di fondo.
La dimostrazione si limita alla derivazione dell'equazione differenziale che governa il profilo del pelo libero.
Si può osservare che l'altezza del pelo libero sulla griglia di fondo tende asintoticamente al valore nullo, ovvero l'altezza d'acqua sulla griglia non si annulla mai. Questo risultato è chiaramente in conflitto con l'evidenza intuitiva secondo la quale la corrente verrebbe totalmente intercettata dalla griglia, soprattutto se questa fosse molto estesa. L'apparente conflitto fra risultato matematico e intuizione è spiegato dalla ipotesi di energia costante della corrente lungo la griglia, che non è rigorosamente verificata, soprattutto se la griglia è molto estesa lungo la longitudinale e se l'energia della corrente è limitata (piccole portate).
Ultima modifica: 26 ottobre 2021
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